Diritto di colorarsi

Con un contratto d’affitto in una mano e una laurea imminente o un apprendistato da poco concluso nell’altra, ci addentriamo barcollanti nella vita. Talvolta vorremmo farlo cantando, talvolta ballando, leggendo o urlando. Chi lo sa, magari qualcuno è pronto a partire per l’Australia, qualcun’altro ha trovato lavoro in banca.

Amina Heusser, Rechtswissenschaften

Basta guardarmi intorno per sentire sulla pelle il fremito delle migliaia di strade diverse che si spalancano ai miei occhi e percepire come ognuno di noi con scelte e priorità proprie, abbia scelto di imboccarne una sua. C’è potenziale. Tutti fremiamo dal desiderio di risplendere della luce dei nostri sogni. Eppure, in tutto questo potenziale c’è giudizio. Giudizio dettato dalla convinzione di fare ed essere meglio non solo di chi c’è stato prima di noi, ma anche di chi prenderà il nostro posto. Io a quell’età non ero così. Ero più educata. Le parolacce non le dicevo. Quando facevo festa con i miei amici, dopo pulivo. Oggi invece sento che ai giovani manca un rispetto di fondo, con il quale invece guadagnerebbero opportunità. Certo, parlare dei giovani e non con loro è sicuramente troppo semplice e forse loro avrebbero un punto di vista diverso o per lo meno delle giustificazioni al riguardo, eppure… se oggi fossimo davvero arrivati al punto di rottura? Al punto di non ritorno. Se davvero fossimo arrivati ad una situazione di stallo, causata dai media, dall’educazione, dai social, dall’internet e dalla nostra società nel suo complesso, per cui i giovani di oggi, non saranno in grado di preservare il domani? Il riflettere mi sconcerta e sollecita domande. Mi ritrovo quindi a cercare opinioni al riguardo, e trovo prese di posizione dure e determinate.

“La nostra gioventù ama il lusso, è maleducata, si burla dell’autorità, e non ha alcun rispetto degli anziani. I bambini di oggi sono dei tiranni, non si alzano quando un vecchio entra in una stanza, rispondono male ai genitori; in una parola sono cattivi.”

Mancanza di rispetto, dignità persa, questo manca ai giovani.

“Non c’è più alcuna speranza per l’avvenire del nostro paese, se la gioventù di oggi, prenderà il potere domani, perché questa gioventù è insopportabile, senza ritegno, terribile.” L’incapacità di poter affrontare i problemi che si stanno creando in modo maturo, efficiente e costruttivo, questo manca ai giovani.

“Il nostro mondo ha raggiunto uno stadio critico, i nostri ragazzi non ascoltano più i loro genitori.” Una nuova forma di coscienza, autorità e superiorità rispetto ai valori originari, questo i giovani l’hanno invece acquisito.

“Questa gioventù è marcia nel profondo del cuore. I giovani sono maligni e pigri. Non saranno mai come la gioventù di una volta, quelli di oggi non saranno in grado di mantenere la nostra cultura.”

In sintesi, i giovani sono inetti.

Tali premesse e considerazioni possono avere solo uno sbocco apparentemente prevedibile: la perdita di ciò che noi, la nostra cultura e anni di duro lavoro, hanno permesso di costruire. La concezione dell’amore, della famiglia, dell’onore, del senso del dovere e della possibilità di una sana crescita della società, sembrano destinati a sgretolarsi.

Ed ecco che, sdraiata nel letto, alla fine della mia lettura, al contrario di come temevo, mi sento sollevata e leggera. Sapere che la prima citazione appartenga a Socrate, e che la scrisse nel 470 a.C., che la seconda sia di Esiodo, del 720 a.C., la terza fu scritta da un sacerdote dell’antico Egitto, e che sia datata 2000 a.C. e che infine, l’ultima, pur essendo anonima, sia stata rilevata su un incisione presente su un vaso d’argilla dell’antica Babilonia, nel 3000 a.C., ha rassicurato la mia anima.

Forse sì. Forse i giovani sono bruciati. Ma forse non è una condizione nuova, o che va peggiorando, o che ci porterà alla rovina. Forse semplicemente da un punto di vista adulto, sviluppato, con leggi morali stabili e che tendiamo a seguire, e per cui ci sentiamo in diritto di giudicare chi non le rispetta, abbiamo dimenticato. Abbiamo dimenticato che essere giovani significa non avere un identità, essere alla scoperta, senza leggi, senza regole, tentando di evadere da quello che il mondo si aspetta da noi. I giovani scappano e si ribellano alla realtà, lo abbiamo fatto noi, e lo fecero i nostri trisnonni. Come e perchè, in quali forme, poco importa, il risultato e il disprezzo che ne derivano sono sempre molto simili e il risultato finale mai catastrofico, come invece si potrebbe pensare. Inoltre le azioni che riteniamo deplorevoli sono probabilmente dettate più dalla società e dai tabù che quest’ultima impone, che dai giovani stessi.

Nei giovani c’è potenzialità. Non solo sono il nostro futuro, più di tutto sono il nostro presente. Si tende a dimenticare i loro colori, a ridurli a uno stereotipo, con dei vizi, delle abitudini e delle attitudini completamente infondate e riduttive che in un modo o nell’altro associamo a ognuno di loro.  Certo, crescere ed educare è complicato, le dinamiche cambiano da entrambi i lati costantemente e da entrambi i lati pare che ci siano costanti incomprensioni. La parola chiave sta però nella costanza, è così da sempre. Forse è arrivato il momento di ricordare, più che lo stereotipo dei giovani, i loro colori.

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